Religione, scienza, pseudo-scienza. Conversazione con Taner Edis

Stefano Bigliardi Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Nato e cresciuto a Istanbul, ma dalla carriera accademica americana, il professor Edis insegna fisica presso la Truman State University (Missouri). Intellettuale pubblico di area scettica e atea, oltre che insegnante universitario, Edis è autore di numerose pubblicazioni divulgative e consulente tecnico-scientifico per il Committee for Skeptical Inquiry. Esperto di pseudoscienza in chiave religiosa, Edis, grazie alla doppia appartenenza linguistica e culturale, ha potuto, tra le altre cose, occuparsi dettagliatamente e comparativamente del creazionismo americano e di quello islamico (che ha in Turchia, con la produzione di Harun Yahya, un importante centro di irraggiamento) [1]. A Edis si deve un intero libro dedicato all’esposizione e alla critica della pseudoscienza elaborata nel mondo musulmano: An Illusion of Harmony: Science and Religion in Islam (Prometheus Books, 2007) [2]. Il suo libro più recente discute il dinamismo e la varietà del mondo musulmano di fronte alle sfide della contemporaneità e all’Occidente: Islam Evolving: Radicalism, Reformation, and the Uneasy Relationship with the Secular West (Prometheus Books, 2016) [3].

Stefano Bigliardi (SB): “Taner, tu smonti l’‘armonia di Islam e scienza’ che definisci ‘un’illusione’. Certe illusioni, però, sono utili. Non pensi che, almeno in alcuni Paesi, le autorità islamiche abbiano giocato un ruolo essenziale nel comunicare alle masse le giuste misure contro la pandemia, ‘impacchettandole’ in una visione religiosa?”.

Taner Edis (TE): “Certo. Questo succede perché tutte le istituzioni sono caratterizzate da un complesso insieme di interessi rivolti all’esterno (ma anche interni) che possono sovrapporsi o scontrarsi (il che si vede, beninteso, anche nelle istituzioni scientifiche). Credo, però, che quelle stesse istituzioni religiose non agirebbero nel proprio completo interesse se decidessero di rappresentare la conoscenza scientifica, sempre e comunque, in modo accurato e nella sua interezza”.

(SB): “Come valuti, nel complesso, a livello mondiale, l’impatto che le credenze religiose hanno avuto sulle misure prese, e sulle reazioni personali, rispetto al Covid-19? Se le religioni possono giocare un ruolo utile, ce n’è qualcuna meglio equipaggiata a tal fine? Oppure sono Stati e società secolarizzati ad essere avvantaggiati?”.

(TE): “Non sono la persona più qualificata per giudicare. La mia conoscenza non si estende molto al di là di quello che la maggior parte di noi vede sullo schermo dei portatili mentre se ne sta confinata in casa. I notiziari ultimamente ci hanno riferito di rappresentanti istituzionali di tutte le religioni che hanno insistito perché non si applicassero restrizioni alle loro riunioni nei luoghi di culto, il che non sembra un atteggiamento ottimale dal punto di vista della salute pubblica. D’altro canto non mancano nemmeno i comportamenti non esemplari e non proficui di matrice laica. Negli Stati Uniti, dove vivo, i movimenti di destra, che venerano il capitalismo più di ogni altro dio, di recente sono saliti alla ribalta con le loro teorie della cospirazione riguardo al virus e la loro pretesa di ‘riaprire l’America’ a dispetto del grande numero di morti che questo potrebbe causare. Questo sembra un modo del tutto laico di trascurare le raccomandazioni sanitarie basate sulla scienza”.

(SB): “Pensi che un sentimento di appartenenza religiosa possa essere di conforto in un tempo di angoscia? Almeno in questo senso le persone religiose potrebbero avere un vantaggio, o no?”.

(TE): “Può anche darsi. Ma sospetto che nessuno lo sappia con certezza. Sembra abbastanza ben dimostrato che chi partecipa regolarmente alla vita religiosa sia avvantaggiato in termini di felicità, salute, e così via. In questo potrebbe rientrare la capacità di ridurre l’ansia relativa alla pandemia. Ma attenzione, le ricerche che indicano risultati in quel senso di solito mettono a paragone persone devote e dinamiche con persone della stessa comunità religiosa che però sono meno ligie nella loro partecipazione al culto e alla vita sociale. Per avere risultati significativi occorrerebbe confrontare persone religiose a persone non religiose che però sono analogamente impegnate a livello sociale e che godono dei benefici derivanti dall’appartenenza a una comunità vibrante ed efficiente”.

(SB): “Secondo te, la pandemia potrebbe essere un’occasione per ridefinire il rapporto tra religione e scienza? Secondo alcuni osservatori, fenomeni come la chiusura dei grandi santuari per motivi sanitari, ma anche il fatto che un leader come il Papa si guardi bene dal prescrivere la preghiera come terapia, simboleggiano la sconfitta e la ritirata di certi aspetti della religione”.

(TE): “Anche in questo caso tutto quello che dirò è a livello di mera ipotesi. È vero, potremmo supporre che l’inutilità del ricorso a forze sovrannaturali di fronte alla malattia possa contribuire al continuo processo di erosione della plausibilità della religione, almeno presso alcune società. Non tutte, però. Non si deve mai sottovalutare la capacità che le religioni e simili ideologie hanno di inventarsi delle scuse”.

(SB): “Il Presidente Trump un paio di giorni fa si è espresso sui possibili rimedi al virus in modo totalmente fuorviato e fuorviante, e tuttavia non pare che in quel caso fosse influenzato dalla religione. Forse, allora, non è del tutto corretto bollare la religione come fattore o ingrediente determinante della pseudoscienza o dell’analfabetismo scientifico, che ne dici?”.

(TE): “Vero. Dobbiamo evitare di applicare affrettatamente una simile etichetta come se si addicesse solo alla religione. Come facevo notare, ci sono anche le ideologie. C’è il nazionalismo, per esempio, che è un potente generatore di credenze erronee riguardanti la storia. C’è il razionalismo non-religioso, che è un potente generatore di credenze ottimistiche, ugualmente erronee, riguardo alle possibilità della tecnologia. La mia vita l’ho trascorsa facendo parte di istituzioni scientifiche, e la pseudoscienza di matrice religiosa è quella che ha attratto più di ogni altra forma di pseudoscienza la mia attenzione, ma sono lungi dal pensare che si tratti del tipo di credenza erronea più importante, o di quello con maggiore impatto a livello sociale”.

(SB): “Siamo allora d’accordo che l’etichetta di ‘generatrice di pseudoscienza’ non si addice solo alla religione, ma è possibile la religione senza la pseudoscienza? E si possono usare teorie di stampo religioso per contrastare la pseudoscienza e l’analfabetismo scientifico? Se sì, quali sarebbero comunque i limiti di una simile iniziativa?”.

(TE): “A dirla tutta, il termine ‘religione’ non si presta a una definizione chiara, ed è una categoria talmente generica da sfiorare l’inutilità. Ti riferisci a qualcosa che potrebbe anche essere possibile, in linea di principio, perché quando si usa un termine talmente vago come ‘religione’ non si può escludere niente. Una domanda più interessante però è se la credenza nel soprannaturale, intendendo con questo termine dèi, demoni, spiriti, karma, fato, e quant’altro, sia possibile senza ricorrere a discorsi pseudoscientifici. Cosa di cui dubito. La scienza, al giorno d’oggi, è ovunque, e ovunque pone delle sfide. Le microsocietà o subculture religiose, per quanto cerchino di isolarsi dalla scienza, prima o poi ne saranno sfidate e allora, per proteggersi, dovranno per forza produrre dell’‘apologia’ cioè un qualche tipo di discorso che esorcizzi la sfida. Dovranno cioè teorizzare un qualche tipo di armonia con la scienza, e scadranno nella pseudoscienza”.

(SB): “Che cosa si può usare per combattere efficacemente la pseudoscienza e l’analfabetismo scientifico? Come educatore e intellettuale pubblico sei ottimista, almeno sul lungo periodo, oppure la pseudoscienza e l’ignoranza riflettono una limitatezza umana in fin dei conti ineliminabile?”.

(TE): “Bacchette magiche non ne ho. Spesso, il meglio che possiamo fare è di rendere disponibili, al maggior numero possibile di persone interessate, le nostre conclusioni più intellettualmente oneste, e sperare che questo faccia una piccola differenza”.

(SB): “Come valuti la situazione statunitense rispetto alla diffusione della pseudoscienza e dell’analfabetismo scientifico?”.

(TE): “Negli Stati Uniti abbonda la diffidenza rispetto alla scienza e a ogni tipo di competenza, e tuttavia, a mio modo di vedere, il problema che abbiamo non si riduce a questo. Il problema è anche che gli esperti e i giornalisti sono stati spessissimo percepiti come autoreferenziali, e potrebbero non essere del tutto affidabili. Ma la considerazione più importante di tutte è che le nostre istituzioni sono state svuotate di senso, e che la nostra società è stata indotta ad orientarsi verso la ricerca del ‘tutto e subito’. Questo è un problema ancora più fondamentale di quanto non lo sia il fatto che non si presta attenzione agli scienziati”.

(SB): “Pensi che l’attuale pandemia possa, come il terremoto di Lisbona del 1755, rappresentare una sfida decisiva alle religioni, generando dubbi rispetto alla giustizia divina? Oppure la pandemia porterà piuttosto acqua al mulino degli atei, rafforzandoli nelle loro convinzioni?”.

(TE): “Anche in questo caso non ho certezze. Storicamente, il terremoto di Lisbona ebbe una funzione simbolica in un’ampia discussione che non si limitava alla giustizia divina, ma si estendeva al modo in cui la teologia fungeva da ideologia finalizzata al controllo della società. Alcuni autori che ho letto sperano che la pandemia ci ispiri a mettere in discussione il capitalismo neoliberale, che praticamente è una forma di teologia. Si assisterebbe quindi a qualcosa di paragonabile a quanto successo in seguito al terremoto di Lisbona, cioè lo smascheramento di ‘teologie’ funzionali a giochi di potere nella nostra specifica società, così come nel XVIII secolo si smascherò la teoria della giustizia divina come funzionale al mantenimento di specifiche dinamiche sociali e di potere in quel contesto. Che poi questo succeda davvero è tutto da vedere”.

(SB): “L’ultima domanda è per Taner l’insegnante. Immagino che tu sia piuttosto amico della tecnologia. In questi giorni ci ha investiti un fiotto di melassa relativo all’insegnamento (e all’apprendimento) a distanza. Secondo alcuni amministratori universitari saremmo nel pieno di un periodo di scoperta, di sperimentazione, di opportunità … C’è del vero, oppure esiste un lato umano irrinunciabile che si crea e si trova solo nelle lezioni in presenza, e che purtroppo stiamo perdendo?”.

(TE): “Cerco di selezionare le tecnologie di cui mi faccio amico. L’insegnamento online mi lascia scettico. A me piace moltissimo l’interazione di persona con gli studenti, l’insegnamento tradizionale. Sono talmente coinvolto nella questione, però, che forse non ho il distacco necessario a valutare in modo più equilibrato il potenziale dell’istruzione a distanza. Posso dire, comunque, che quello che ho visto mi è piaciuto poco”.

Note

[1] Di Yahya ci siamo occupati sulle pagine de L’Ateo qualche anno fa: “Quattro matrimoni e un funerale: nuove religioni e pseudoscienza” [Parte 1: Bucaille e Yahya] L’Ateo, 97, 6/2014, pp. 33-34.

[2] A Edis e alla sua “demolizione” dell’armonia di Islam e scienza era dedicato l’articolo “L’armonia di Islam e scienza e il suo (leale) distruttore. Introduzione a Taner Edis” L’Ateo, 84, 5/2012, pp. 6-8.

[3] La conversazione si è svolta attraverso la posta elettronica tra il 27 e il 28 aprile 2020. La traduzione è mia e la versione originale è a disposizione di chiunque sia interessato. Insieme alla Redazione ringrazio caldamente Taner Edis per il suo chiaro e tempestivo contributo a L’Atea.