Il male, il buon Dio e il Covid-19
Enrica Rota Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Di questi tempi molti fedeli pregano affinché Dio li protegga dal coronavirus, ma chissà se si domandano anche perché Dio glielo abbia mandato.
La questione è la medesima che da secoli e secoli assilla i teologi: se Dio esiste, da dove arriva il male? O meglio, in termini più attuali: se Dio esiste, da dove arriva il coronavirus?
Quello del “male” è un concetto filosofico, metafisico e teologico ma noi lo intendiamo qui semplicemente, in maniera molto terra-terra, come dolore, sofferenza, morte – tutte cose che sicuramente il coronavirus sta causando. Il coronavirus è dunque un male. Per la precisione, è un male “naturale”, ovvero intrinseco alla natura e indipendente dalla volontà umana. Questo tipo di male include tutte le catastrofi e calamità naturali di ogni genere, comprese malattie e pandemie. Il male naturale è anche parte integrante del modo in cui si svolge l’intero processo dell’evoluzione – un processo cieco e brutale, come ci ha insegnato Darwin – e non a caso vengono spesso addotte come esempio di questo tipo di male le vespe icneumonidi. Invece come esempio di male “morale”, ossia quello prodotto dalla malvagità umana, solitamente si cita la Shoah.
Ma, tornando alla questione posta all’inizio sull’origine del male, entrando un po’ più nei dettagli la si può formulare come segue: come si può conciliare l’esistenza del male con quella di un Dio amorevole e onnipotente come quello cristiano? Perché è ovvio che un Dio siffatto non permetterebbe mai dolore, sofferenza, morte.
E così, lo scopo principale dei teologi da sempre è stato quello di cercare di scagionare Dio e di imputare a qualcun altro la responsabilità dell’esistenza del male nel mondo. Un tentativo più che dignitoso era stato ad esempio quello dei manichei, che postulavano due divinità equipollenti, una buona e l’altra cattiva, in costante lotta fra loro, ma questa soluzione non piaceva ai teologi cristiani, per esempio ad Agostino, perché comprometteva l’unicità e l’onnipotenza di Dio [1]. Per parte sua, Agostino contrappose al manicheismo la sua balzana idea del male come non-essere, come semplice privatio boni, carenza di bene. Negando l’esistenza del male questa concezione scagionava Dio, ma di fronte alla reale e concreta presenza del male nel mondo non risulta essere altro che pura aria fritta ed anzi un insulto a tutti coloro che soffrono per davvero (uomini o animali che siano). Sulla stessa lunghezza d’onda di Agostino sarà anche Leibniz con la sua concezione del “migliore dei mondi possibili”. Ci volle un disastro epocale come il terremoto di Lisbona del 1755 per smorzare l’ottimismo teista, e così Voltaire criticò la concezione leibniziana nel suo Poema sul disastro di Lisbona (1756) e la ridicolizzò nel Candido (1759). Comunque la soluzione adottata dalla chiesa era stata un’altra, ossia quella di appioppare direttamente ed unicamente all’uomo la responsabilità del male, sulla base della concezione del libero arbitrio: dotando l’uomo di libero arbitrio Dio avrebbe lasciato la porta aperta alla possibilità che egli scegliesse il male, cosa che per l’appunto fece.
Peccato però che questa soluzione possa valere soltanto per il male morale, quello che dipende dalla volontà umana, e non per quello naturale, che è da essa indipendente. Insomma, pur ammettendo che si possa scagionare Dio per quanto concerne il male morale (il che è tutto da vedersi, ma non lo vedremo qui), come si possono interpretare disastri naturali quali terremoti, tifoni, tsunami e pandemie se non come opera Sua?
Non potendo dunque negare la responsabilità divina per quanto riguarda l’esistenza del male naturale i teologi hanno tentato di trovargli una giustificazione attribuendogli una finalità di tipo superiore: da un lato si è pensato al male naturale come punizione inflitta da Dio agli uomini a causa dei loro peccati, dall’altro gli si è attribuito un valore educativo ed edificante. Esempi di male “punitivo” sono la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre e l’episodio del diluvio universale. In entrambi i casi si tratta di punizioni esagerate oltre che indiscriminate (che cosa c’entrano i discendenti di Adamo ed Eva o i poveri animali che restano fuori dall’arca di Noè?), dunque non possono essere l’opera di un Dio buono e giusto.Molti sono poi i casi (non soltanto nella Bibbia, ma anche sotto i nostri occhi) di sofferenze senza colpa e di colpe senza pena, insomma, sembrerebbe che Dio punisca piuttosto a casaccio, proprio come se non esistesse affatto.
Per quanto poi riguarda il valore educativo ed edificante del male, è vero che a volte si impara e si migliora attraverso il dolore e la sofferenza ma altre volte è vero il contrario, e in ogni caso il mondo è pieno di sofferenze gratuite e prive di qualsiasi senso che, mentre ben si conciliano con l’esistenza di un Dio sadico e crudele, mal si conciliano con quella di un Dio amorevole e buono.
Insomma, di fronte alla attuale pandemia, invece di pregare il loro Dio affinché li protegga i fedeli dovrebbero domandarsi che genere di Dio permetta l’esistenza delle pandemie (come di tutto il male presente nel mondo) e meditare se non possa trattarsi di un Dio sadico, o indifferente, o impotente ad eliminare il male oppure – cosa più probabile – del tutto inesistente.
Note
[1] Tracce di questa concezione sono tuttora presenti nella religione cristiana: basta pensare alla figura di Satana, al quale spesso si tentò (e a volte si tenta ancora) di sbolognare tutta la responsabilità del male nel mondo nonostante il fatto che, essendo Satana una figura subordinata a Dio, tutto sia riconducibile esclusivamente a quest’ultimo.