David Quammen, Spillover. L’evoluzione delle pandemie, ISBN 978-88-45929-29-8, Adelphi 2014, pagine 608, € 29,00 (ora riproposto per eBook, € 6,99).
Recensione di Maria Turchetto Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Se agli articoli che ho qui raccomandato preferite una lettura più… avvincente, consiglio questo libro di David Quammen, scritto nel 2012, tradotto in Italia due anni dopo e oggi balzato in testa alle classifiche. Si tratta di un libro ben documentato sulle zoonosi, ossia sulle malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo attraverso lo spillover, il salto di specie. Vi si parla di Ebola, SARS, AIDS e peste bubbonica. Ma non si tratta semplicemente di divulgazione scientifica: il libro appartiene a un genere poco diffuso nel nostro paese che gli anglofoni definiscono nature writing, via di mezzo tra l’esplorazione naturalistica e l’opera letteraria vera e propria.
Spillover si presenta come un romanzo apocalittico: fa paura. Le epidemie sono trattate come thriller scientifici. La paura stessa diventa protagonista, come sentimento totalizzante che travolge l’uomo crescendo fino alle forme estreme del terrore, dell’orrore, del panico. Non manca un certo umorismo nero e l’efficace descrizione d’ambiente, ad esempio a proposito dei wet market asiatici e dello yewei, l’uso di cibarsi di animali esotici diffuso nel sud della Cina.
Ma l’autore non si limita affatto a puntare il dito su questi usi e comportamenti che a un lettore occidentale possono apparire lontani e premoderni. I principali colpevoli delle zoonosi – che, come in ogni giallo che si rispetti, compaiono alla fine del libro – sono la devastazione ambientale e le deforestazioni. “Quando gli alberi cadono e gli animali nativi vengono massacrati, i germi che lì erano contenuti volano come polvere da un magazzino demolito. Li stiamo rimuovendo dai loro limiti ecologici naturali, luoghi in cui non erano molto abbondanti e subivano una feroce concorrenza, anche all’interno di un singolo animale. Li introduciamo invece in un nuovo ricco habitat chiamato popolazione umana, dove possono prosperare in gran numero”.