Massimo Polidoro, Il mondo sottosopra, ISBN 978-88-566-7265-7, Piemme 2019, pagine 528, € 19,50 (disponibile per Ebook, € 9,99)
Recensione di Maria Turchetto Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Se nell’articolo che qui pubblichiamo Massimo Polidoro si occupa di una sola fake new – l’ultima (ma temo solo in ordine di tempo) sul Coronavirus – in questo libro ne esamina moltissime. I primi capitoli percorrono una lunga storia di falsi: dalla Donazione di Costantino (“il più grande falso dell’antichità”), alla campagna denigratoria contro Vlad l’impalatore, ai Protocolli dei Savi Anziani di Sion, al satanic panic che imperversò negli USA negli anni ’80 del secolo scorso e molto altro. A riprova del fatto che “bugie, truffe e propaganda non sono certo una novità”.
Oggi, tuttavia, il fenomeno è in aumento, perché grazie al web le notizie false si diffondono velocemente e in maniera globale come mai era successo prima. Così negli ultimi capitoli incontriamo le bufale più in voga negli ultimi tempi: i vaccini che provocano l’autismo, le scie chimiche, Obama non è americano, la terra è piatta…
Un intero capitolo (cap. 6, “Una stanza senza finestre”) è dedicato a ricostruire l’avvento e l’evoluzione dell’era digitale e l’efficacia dei nuovi media rappresentati da internet e dai social network, portatori di una vera “rivoluzione culturale”, acceleratori, moltiplicatori ma anche manipolatori dell’informazione: “finestre sul mondo” che tuttavia si aprono solo su ciò che ci piace e che condividiamo, fino a confinarci in una bolla autoreferenziale che ha l’effetto di coltivare e radicare bias cognitivi – errori logici, interpretazioni e giudizi deviati.
L’esame dei bias cognitivi e dei meccanismi psicologici che ne sono all’origine rappresenta, a mio avviso, la parte più interessante del libro. Due capitoli (cap. 4, “Perché abbocchiamo?” e cap. 5, “Un cervello irrazionale?”) analizzano alcuni di questi meccanismi: il conflitto tra “pensieri lenti e pensieri veloci” (ossia tra strutture cognitive arcaiche, automatiche, “impulsive” e strutture deputate al ragionamento e alla riflessione); la “dissonanza cognitiva”; la “riprova sociale” (il sostanziale conformismo del giudizio etico); le correlazioni illusorie. In generale, cerchiamo scorciatoie rispetto al compito di soppesare la plausibilità delle informazioni che riceviamo: le novità rappresentano uno sforzo cognitivo che tendiamo ad evitare utilizzando schemi noti e già elaborati. E preferiamo di gran lunga le rassicurazioni e le conferme alle confutazioni. L’autore invita a tenere alto il “lume della ragione […] nel buio generato da pregiudizio, ignoranza, superstizione e odio”; consiglia di armarsi del “rasoio di Occam” e di solidi principi razionali per “costruire una conoscenza basata su idee fondate e non su speculazioni”.
Il capitolo conclusivo (cap. 17, “Che fare? Piccola guida per contrastare le false credenze”) propone una serie di suggerimenti pratici, preceduti dall’interessante esame critico di alcuni interventi pubblici volti ad arginare la diffusione di fake news: ad esempio, il programma The Public Understanding of Science varato in Inghilterra nel 1985 dalla Royal Society con l’intento di ridurre il gap di conoscenze tra scienziati e cittadini (rivelatosi poco efficace); i diversi approcci adottati in Italia per far fronte al problema posto dai no-vax; l’efficacia delle tecniche di debunking (termine che indica lo smontaggio delle bufale) messe in atto da diverse associazioni.
“Nell’attesa che i politici prima di tutti, ma anche chi fa comunicazione in qualunque ambito […], si impegnino sempre di più a rispettare la verità e a basare la propria azione e informazione sui fatti […], ci sono tante piccole iniziative che ciascuno di noi potrebbe intraprendere”. Controllare le fonti, leggere le notizie con spirito critico, pretendere le prove, imparare ad ascoltare, pensare come uno scienziato – che significa “ragionare coltivando i dubbi”.