La scienza ingannevole e le presunte apparizioni mariane a Medjugorje
Francesco D’Alpa Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Il 24 giugno 2021 milioni di cattolici festeggeranno il quarantesimo anniversario delle cosiddette apparizioni della “Madonna della pace” di Medjugorje. Uno degli aspetti più interessanti ma controversi del fenomeno Medjugorje è la pretesa, ampiamente propagandata, di una avvenuta dimostrazione scientifica del fenomeno estatico-apparizionario, argomento sul quale ho personalmente condotto e pubblicato una accurata disamina critica [1]. Ne riassumo qui alcuni punti chiave.
Nel corso degli anni, molti medici hanno compiuto indagini sui veggenti di Medjugorje. Possiamo delinearne una visione generale?
Dobbiamo innanzitutto distinguere almeno tre tipologie di indagine. In primo luogo quelle, di nessun interesse, di tipo psicologico-psichiatrico, condotte dalle autorità locali, orientate a reprimere il fenomeno; poi quelle condotte occasionalmente da singoli medici; infine i lavori delle quattro cosiddette “Commissioni scientifiche” (composte sia da medici sia da religiosi) nel 1984, 1985, 1998, 2005; la prima e l’ultima francesi, la seconda e la terza italiane. I risultati delle indagini delle prime tre Commissioni sono stati pubblicati in riviste non scientifiche; mentre della quarta si conosce solo una scarna dichiarazione del suo coordinatore.
Quale era lo scopo di queste indagini e quali le conclusioni?
Gli obiettivi erano diversi. La prima Commissione francese, guidata dall’oncologo Henry Joyeux e dal mariologo Renée Laurentin si proponeva di verificare la normalità psicologica e neurofisiologica dei veggenti. Ed in tal senso tutti gli esami eseguiti l’avrebbero confermata, escludendo ipotesi come il sogno, le crisi epilettiche, le allucinazioni.
La seconda e terza Commissione hanno invece seguito un approccio diverso: data per certa (in base ai lavori della precedente Commissione) la normalità dei veggenti, si voleva studiare, grazie a loro, la psicofisiologia dell’estasi, anche confrontando i dati ottenuti con quelli della tradizione mistica, non solo cattolica, fino a giungere alla formulazione di un paradigma scientifico dell’estasi.
La quarta Commissione avrebbe confermato alcuni dati ottenuti dalle precedenti, ma senza precisare quali test siano stati materialmente eseguiti.
Come sono stati interpretati i risultati di queste sperimentazioni, e qual è il mio parere?
Secondo le quattro Commissioni, i veggenti sono sinceri, le apparizioni sono vere e le estasi sono accompagnate da importanti modificazioni psicofisiologiche. In realtà è facile dimostrare, con un accurato esame di quanto pubblicato, l’infondatezza complessiva di queste affermazioni, già solo a partire dalle vistose contraddizioni fra i vari esaminatori. Prendiamo ad esempio le variazioni della frequenza cardiaca. Secondo i primi singoli esaminatori e secondo la prima Commissione, la frequenza cardiaca restava immutata durante l’estasi, così come era stato detto per Bernadette a Lourdes. Secondo le Commissioni italiane, invece, la frequenza cardiaca era aumentata sensibilmente durante l’estasi, in conformità al cosiddetto paradigma ergotrofico dell’estasi, ovvero in conseguenza dell’attivazione (anche estrema) del sistema nervoso simpatico. Ma nei lavori di queste Commissioni non troviamo alcun accenno a questa, come ad altre discrepanze.
Come possono essere spiegate queste discrepanze?
Nel caso della frequenza cardiaca, abbiamo dei dati ottenuti strumentalmente e quindi non contestabili, ma purtroppo frutto di pochi minuti complessivi di registrazione e dunque già per questo di quasi nessun valore dimostrativo. Ad esempio, per alcuni dei veggenti la frequenza cardiaca cambia poco fra prima, durante e dopo l’estasi; per altri aumenta ben prima che inizi la presunta estasi; e nulla può escludere che sia stato lo stato d’ansia legato all’esame ed alla sua aspettativa a determinare tali variazioni. Lo stesso si può dire di altri test eseguiti, come lo studio delle variazioni della pressione arteriosa, delle pulsazioni capillari e della resistenza cutanea. Anche queste indagini evidenziano infatti un comportamento contrastante fra un test e l’altro nello stesso soggetto, e fra i test condotti sui diversi soggetti.
Secondo gli esaminatori (in base ai valori registrati della resistenza elettrica cutanea, della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e dell’ipertono precapillare) durante l’estasi i veggenti si trovano in una peculiare condizione definita come stato di attivazione ergotrofica. Questo sarebbe proprio il modo in cui viene interpretata l’estasi nella letteratura medica. Significa stato di stress enorme, riscontrabile solamente in condizioni estreme, come per esempio nella sindrome da schiacciamento. Ma che, a mio parere, potrebbe anche dipendere dalla paura di fallire la prova ed essere smascherati. Occorre sottolineare che quest’ultimo genere di test non è altro che l’equivalente della cosiddetta macchina della verità, un tempo impiegata negli USA a scopi giudiziari, ma oggi assolutamente screditata in quanto inaffidabile nel determinare la sincerità o meno dell’indagato, che neanche un esame psicologico può confermare o escludere.
Dal punto di vista tecnico, si trattava di indagini metodologicamente eseguite in modo corretto?
In gran parte no. Il principale difetto è forse, in generale, la mancanza di dati di riferimento, ottenuti in più occasioni e fuori dalle sedute apparizionarie in ognuno dei soggetti esaminati. Non è infatti possibile giudicare se e come mutino gli indicatori psicofisiologici durante le sedute apparizionarie, se non si dispone di altrettanti dati ottenuti in sedute non apparizionarie (nelle quali può comunque verificarsi uno stato d’ansia simile a quello che provano i veggenti durante le presunte estasi).
Dal punto di vista strettamente tecnico le critiche più severe vanno certamente al lavoro della prima Commissione. Prendiamo ad esempio l’elettroencefalogramma. Delle tre registrazioni eseguite, una è stata scartata dalla stessa Commissione. Il giudizio sulle altre due è basato su soli sei minuti circa complessivi, che includono sia il periodo estatico sia il prima ed il dopo. Nessun laboratorio si baserebbe su questi soli dati, tenuto presente che inoltre si tratta di registrazioni di pessima qualità. Non a caso chi ha letto il tracciato, un neurofisiologo francese estraneo alla Commissione (che non viene nominato nel report, ma che ho anche avuto il piacere di conoscere e del quale garantisco la competenza professionale) si è limitato ad affermare che i tracciati non evidenziavano anomalie. Esattamente ciò che desiderava dimostrare la prima Commissione: ovvero che i soggetti non erano né epilettici né allucinati. Il che non vuol dire pressoché nulla.
Che valore possiamo dare ai test eseguiti?
Possiamo facilmente distinguere fra test assolutamente risibili, test inconcludenti e test male interpretati.
Primo fra i test risibili è quello cosiddetto del cartoncino. Durante la presunta estasi viene posto un cartoncino davanti agli occhi del veggente e gli si chiede se continua a vedere l’apparizione. La risposta è ovviamente “sì”, il che dimostrerebbe che durante l’apparizione le vie visive non vengono utilizzate. Poi c’è il test di valutazione soggettiva della capacità uditiva. Si chiede al veggente se ha sentito un suono di 70 decibel prima dell’estasi e di 90 decibel durante l’estasi: la risposta è ovviamente “sì” prima e “no” dopo.
Fra i test inconcludenti troviamo i potenziali evocati acustici e visivi, ovvero le risposte registrate dall’encefalo durante la somministrazione di stimoli acustici e visivi. Prescindendo dalla inaffidabilità dei tracciati pubblicati, la tesi sostenuta dalle Commissioni è che i segnali ottenuti sono normali, ma durante l’estasi la mente è disconnessa. Oltretutto si sostiene che questi test eliminano l’ipotesi dell’allucinazione, cosa che essi invece non possono assolutamente indagare.
In quanto ai test male interpretati, il discorso è ovviamente più complesso; ne ho fatto già menzione a proposito di quelli vascolari. Ma forse è ancora più chiaro quanto scritto a proposito della frequenza di ammiccamento. Durante la presunta estasi, la frequenza dell’ammiccamento oculare si ridurrebbe significativamente (ad esempio da 22 a 10, o da 12 a 7 battiti per minuto), fino ad annullarsi (da 3 a 0, e da 14 a 0). Ma questo non evidenzia altro se non uno sforzo (volontario o involontario) del veggente, concentrato su di un punto della parete che sta di fronte a lui.
Perché questi esami sono stati condotti in questo modo?
Per varie ragioni. Innanzitutto un atteggiamento che possiamo definire di “incondizionato rispetto” nei confronti dei veggenti, che non si volevano infastidire con test troppo particolareggiati. Su queste premesse, gli esami sono stati condotti ogni volta solo su alcuni di loro, o solo parzialmente, rispettando le rispettive idiosincrasie, ad esempio evitando o attenuando stimolazioni dolorose (come nel caso del test della sensibilità al dolore) anche in quei momenti nei quali i veggenti avrebbero raggiunto (a loro dire) uno stato di totale distacco sensoriale.
Perché queste sperimentazioni non possono essere considerate sufficienti per provare le apparizioni?
L’apparizione, per chi ci vuol credere, sarebbe una questione assolutamente soggettiva. Per la scienza, ad essere generosi, è un autoinganno, non a caso tipico dei bambini. Negli altri casi è decisamente una frode, come dovrebbe apparire ben evidente nel caso di Medjugorje.
Ma non è il caso di addentrarci in questioni di fede e di credulità.
Non è assolutamente il caso di parlare di “prove sufficienti”. Dal punto di vista psicofisiologico l’apparizione non lascerebbe alcuna traccia sul corpo o nella psicofisiologia dei veggenti, né in chi li contorna. Il discorso verte fondamentalmente sull’estasi; ed è su questo che si è impegnata in particolare la terza Commissione, indubbiamente la più dotata strumentalmente e concettualmente, ma che come prerequisito credeva indubbiamente (o quanto meno dimostrava ampiamente di credere) alle apparizioni o quanto meno alle estasi.
Ma questa terza Commissione non ha chiarito un quesito di fondo: l’estasi sarebbe un prerequisito o un correlato dell’apparizione? E ne proverebbe l’autenticità?
La tradizione cattolica non è per nulla a favore di quanto si voleva dimostrare. Scorrendo la lista delle migliaia di presunte apparizioni mariane, le descrizioni di vere estasi sono sporadiche. Le più citate sono quelle di Bernadette di Lourdes; ma a Fatima, ad esempio (contrariamente a quanto ha dichiarato in seguito chi ha partecipato alla terza Commissione) non furono descritte vere estasi.
La verità è che durante le presunte apparizioni ogni veggente assume un peculiare atteggiamento emozionale, che nel caso di quelle pubbliche (o quando sottoposto a test) è certamente dominato dall’ansia, con conseguente attivazione del sistema nervoso simpatico, e dunque con aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, della sudorazione.
Le conclusioni delle sperimentazioni soddisfano l’esigenza di provare l’esistenza del fenomeno oppure sono state scritte in modo “ambiguo” per far credere nell’esistenza delle apparizioni?
Oltre a verificare l’oggettività delle estasi, indubbiamente le indagini eseguite e i commenti pubblicati intendevano convalidare le apparizioni e, dal punto di vista psicologico, la sincerità dei veggenti. L’ipotesi dell’inganno deliberato è stata rigettata quasi senza prenderla in considerazione. I report delle tre prime Commissioni (composte quasi da soli credenti) sono, per oltre la metà delle pagine, puri esercizi di apologetica, che nulla hanno a che vedere con la scienza. Si può ben dire che i soggetti partecipanti alle varie Commissioni hanno gettato il sasso, ma poi hanno ritirato la mano, e oggi è quasi impossibile intervistarli sull’argomento. Ancor peggio, c’è chi fra loro continua a sostenere che i propri risultati non sono mai stati contraddetti. Senza alcun dubbio, l’insieme delle sofisticate tecniche impiegate impressiona il comune lettore e rischia di fargli credere che, provata la normalità del veggente, sia stata esclusa la possibilità che si tratti di visioni soggettive e che dunque sia stata provata scientificamente l’oggettività delle apparizioni. Ma tutta la pubblicistica che fa riferimento ai test eseguiti a Medjugorje è frutto di giornalisti di parte, senza alcuna intenzione critica, e non in grado di capire il senso degli esami eseguiti. Ad esempio, leggendo quanto stampato, è perfino impossibile rendersi conto di come alcuni test siano stati condotti su di un solo veggente, ma interpretati (e pubblicizzati) come rappresentativi di tutto il gruppo. In ogni caso è ben evidente come da tempo le citazioni delle indagini mediche abbiano sempre meno spazio giornalistico.
Nel mondo scientifico si sono avute reazioni a questi test?
Quando alcuni anni fa mi sono impegnato nello studio delle indagini mediche svolte dalle prime tre Commissioni, ho trovato negli indici medici solo quattro citazioni di Medjugorje: si trattava di brevi report su quattro soggetti che a Medjugorje avevano sviluppato una maculopatia per avere guardato troppo a lungo il sole. Null’altro. I principali lavori sull’argomento apparsi su riviste non indicizzate sono firmati dagli stessi che hanno operato a Medjugorje, che avrebbero trovato piena conferma delle loro ipotesi in altri presunti fenomeni apparizionari (ma perfino in casi nei quali successivamente, non a caso, si è dimostrata la frode).
Per quanto mi risulta, fino ad ora il mio studio critico approfondito su quanto indagato (più o meno scientificamente) a Medjugorje, è l’unico ad essere stato stampato e messo liberamente in rete. Ma pochissimi sembrano averlo letto e compreso, e certamente, a quanto mi risulta, nessuno ha osato minimamente contestarlo. Le regole della ricerca scientifica imporrebbero la citazione e l’eventuale confutazione delle tesi contrarie alle proprie, ma questo ovviamente non è gradito ai difensori di Medjugorje e del suo business; né a quanti, fin qui troppo esposti mediaticamente, dovrebbero ammettere la loro ingenuità o incompetenza.
Note
[1] D’Alpa Francesco, Medjugorje. La frode e l’estasi, Laiko.it, 2017.