EDITORIALE

E RIECCOCI ANCORA, cari lettori. L’erba cattiva non muore mai…

Questo numero affronta, nella prima parte, Questioni di genere. Argomento a cui pensavamo da un pezzo, almeno da quando siamo usciti lo scorso maggio (dedicando il numero a I nemici del pensiero). In quel periodo le annose vicende del Ddl Zan (le riassumiamo nel box nella pagina seguente) sembravano infatti avviarsi a una soluzione e ci sembrava opportuno proporre un approfondimento. “Non ce la facciamo a seguire l’attualità”, obbiettava qualcuno di noi particolarmente ottimista. Attualità? Qui tra rinvii, “trappole”, boicottaggi, interventi a gamba tesa di Santa Madre Chiesa stiamo andando alle calende greche. Per i prossimi sei mesi almeno parlamento e governo si guarderanno bene dal riprendere la questione, perciò nel frattempo abbiamo tutto l’agio di meditare.

Ed è il caso di farlo, perché le questioni di genere sono tutt’altro che semplici – e tutt’altro che note, al di fuori degli stereotipi.

Chiediamoci innanzitutto: perché tanta opposizione al Ddl Zan? Non so se l’avete letto – scusate se dubito di voi, lettori cari, ma purtroppo l’abitudine a schierarsi senza un’adeguata informazione sta diventando endemica peggio del Covid. Nel complesso, il Ddl Zan è noiosissimo. Si tratta infatti di una estensione della legge Mancino (L. 25 giugno 1993) che ha integrato l’art. 64 del Codice Penale sanzionando i “comportamenti incitanti all’odio, alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici o religiosi”, aggiungendo motivi “fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”, per cui gli articoli dal 2 al 6 non sono altro che una litania di formulazioni di questo tipo: al titolo tale, articolo tale, comma tale vanno aggiunte le seguenti parole “oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”. L’art. 7 prevede il riconoscimento del giorno 17 maggio “quale giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia” promuovendo (non obbligando) iniziative nelle scuole. Gli articoli successivi prevedono un monitoraggio statistico delle politiche di prevenzione.

Fine. Tutto qui.

Vi ho esposto (correttamente) il Ddl Zan e se volete vi riassumo anche il “combinato disposto” che ne consegue in parole poverissime (e assai meno corrette): non si possono picchiare, insultare, discriminare ebrei, neri, islamici, cinesi, stranieri in genere solo perché sono tali (legge Mancino) ma nemmeno maschi, femmine, gay, trans, zoppi o ciechi solo perché sono tali (Ddl Zan). Ovvio, direte voi. Non si deve picchiare, insultare, discriminare nessuno e in questo senso dovrebbero bastare le leggi vigenti – quelle, come si dice, “generali e astratte”. Vero, in linea di principio. Ma sta di fatto che neri, ebrei, donne, omosessuali, trans e perfino handicappati vengono picchiati, insultati, discriminati più spesso rispetto a maschi bianchi, forzuti e cattolici. Quindi, per ragioni pratiche, è opportuno metterci una pezza. Beato il paese che non ne ha bisogno, purtroppo il nostro paese ne ha bisogno eccome.

Ora, perché non essere d’accordo – tutti – su questo? In fondo sui provvedimenti contro il femminicidio c’è stato un consenso trasversale e pressoché unanime. E allora?

Temo che l’oggetto del contendere sia di natura ideologica – perfino “filosofica”, oserei dire – e riguardi l’art. 1 del Ddl Zan che recita: “Ai fini della presente legge: a) per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico; b) per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso; c) per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi; d) per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”. Definizioni, sì, anche abbastanza scontate (come apprendiamo dall’articolo di Lorenzo Bernini pubblicato qui di seguito), che tuttavia riconoscono ufficialmente – per tutelarle – alcune categorie di persone mettendo in discussione un trito ma persistente dogma della nostra cultura: il binarismo sessuale, l’idea che o si è maschi o si è femmine – come dice quel testo francamente primitivo che è la Bibbia: “maschio e femmina Dio li creò” – e che ogni cosa che non si attagli a questa rigida alternativa è anormale, imperfetta, malata, “disordinata”. Secondo Bernini e secondo Neviana Calzolari il Ddl Zan in questo senso non è ancora abbastanza, ma a quanto pare è anche troppo per certe idee ancora molto diffuse. Le quali, ho detto, sono quasi una “filosofia”. Ma certo una filosofia appartenente a un “pensiero debole”, troppo semplice, che non riesce a far fronte ai dubbi, alle ambiguità, alle diversità. Ben vengano, invece! Rappresentano il cambiamento, le possibilità di evoluzione in natura come nella società. Ma preti e fascisti – ahimè intrisi di pensiero debole – non sopportano questo “benevolo disordine della vita” [1], queste “incognite X e Y” (per riprendere il titolo del contributo di Baldo Conti) che rendono la realtà meno semplice degli stereotipi. Mi dispiace per loro e ancor più per le loro vittime.

La seconda parte di questo numero riprende l’argomento I nemici del pensiero – trattato nel numero precedente con particolare riferimento ai social, agli influencer, ai complottismi, alle bufale, alle pseudoscienze – focalizzando questa volta l’attenzione sul delicato problema dell’istruzione: scuola e università. Proponiamo poi uno speciale Darwin in occasione del centocinquantesimo anniversario della pubblicazione de L’origine dell’uomo e a seguire, dopo alcuni interessanti contributi di argomento vario, la rubrica Civiltà gesuitica.

Buona lettura, cari!

MariaTurchetto

NOTE

[1] Riprendo il titolo di un bellissimo libro di Marcello Buiatti (che è mancato ahimè lo scorso anno), Il benevolo disordine della vita. Le diversità dei viventi fra scienza e società, UTET 2004.